I mondi di Almerigo

Ha sempre la penna in mano. Disegna e scrive da bambino, ragazzo, uomo. E poi c'è quella piccola macchina fotografica a tracolla, che diventerà sempre più grande e professionale, abbinata a una cinepresa super8. Foto, video, disegno e scrittura in un colpo solo. Lo scatto seguito da uno schizzo della stessa immagine prima della stampa, la ripresa abbinata a un testo prima di riversare la pellicola... Una capacità di cogliere l'attimo e raccontarlo in diversi modi. Non sono cose automatiche, eppure Almerigo Grilz ci riusciva con incredibile semplicità. Lo raccontano i suoi album, i suoi diari da studente e poi da giornalista, le immagini che lo ritraggono. La sua Trieste e un contesto familiare dalle tradizioni marinare gli avevano trasmesso il mito del viaggio, insito in questa città di mare sferzata dalla Bora, portandolo a compiere un percorso troppo breve ma così intenso in quegli anni dove il mondo era diviso in due blocchi che "imprigionavano" gli uomini nei loro Paesi e nelle ideologie. Già, le ideologie, i conflitti e la politica. Una parte della vita di Almerigo Grilz, forse quella più conosciuta e, a torto, considerata caratterizzante, che lo vide schierato a destra negli anni Settanta alla guida del Fronte della gioventù, e per questo amato, odiato, temuto. Anni pieni di idee e di violenza, a cui per altro non si sottrasse, che lo videro segnare un'epoca. Non solo a Trieste. Ecco perché la sua storia, senza nascondere nulla o privilegiarne un aspetto, diventa un modo per raccontare non solo un uomo ma una stagione irripetibile, prima di vederla irrimediabilmente massificata in internet, dove troppo spesso la miriade di dati, a volte ripetitivi e inesatti, non arrivano a cogliere il particolare. Serve qualcosa di più, capace di andare oltre all'omologazione di base. È una sfida difficile ma non impossibile: raccontare Almerigo Grilz – morto a soli 34 anni, primo free lance italiano ucciso in uno scenario di guerra dopo il secondo conflitto mondiale – fra so
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Pietro Comelli - Andrea Vezzà

Ha sempre la penna in mano. Disegna e scrive da bambino, ragazzo, uomo. E poi c'è quella piccola macchina fotografica a tracolla, che diventerà sempre più grande e professionale, abbinata a una cinepresa super8. Foto, video, disegno e scrittura in un colpo solo. Lo scatto seguito da uno schizzo della stessa immagine prima della stampa, la ripresa abbinata a un testo prima di riversare la pellicola... Una capacità di cogliere l'attimo e raccontarlo in diversi modi. Non sono cose automatiche, eppure Almerigo Grilz ci riusciva con incredibile semplicità. Lo raccontano i suoi album, i suoi diari da studente e poi da giornalista, le immagini che lo ritraggono. La sua Trieste e un contesto familiare dalle tradizioni marinare gli avevano trasmesso il mito del viaggio, insito in questa città di mare sferzata dalla Bora, portandolo a compiere un percorso troppo breve ma così intenso in quegli anni dove il mondo era diviso in due blocchi che "imprigionavano" gli uomini nei loro Paesi e nelle ideologie. Già, le ideologie, i conflitti e la politica. Una parte della vita di Almerigo Grilz, forse quella più conosciuta e, a torto, considerata caratterizzante, che lo vide schierato a destra negli anni Settanta alla guida del Fronte della gioventù, e per questo amato, odiato, temuto. Anni pieni di idee e di violenza, a cui per altro non si sottrasse, che lo videro segnare un'epoca. Non solo a Trieste. Ecco perché la sua storia, senza nascondere nulla o privilegiarne un aspetto, diventa un modo per raccontare non solo un uomo ma una stagione irripetibile, prima di vederla irrimediabilmente massificata in internet, dove troppo spesso la miriade di dati, a volte ripetitivi e inesatti, non arrivano a cogliere il particolare. Serve qualcosa di più, capace di andare oltre all'omologazione di base. È una sfida difficile ma non impossibile: raccontare Almerigo Grilz – morto a soli 34 anni, primo free lance italiano ucciso in uno scenario di guerra dopo il secondo conflitto mondiale – fra sogni giovanili, l'amore del viaggio, la politica iniziata da ragazzo e lasciata per un'altra passione, quella del giornalismo, con i suoi reportage richiesti dalle maggiori emittenti televisive e testate del mondo. Un percorso dall'11 aprile 1953 al 19 maggio 1987 ricostruito in un volume curato da Pietro Comelli e Andrea Vezzà – che segue il successo della mostra allestita a Trieste – utilizzando esclusivamente il materiale conservato e archiviato in maniera quasi maniacale dallo stesso protagonista, che fa emergere un protagonista forse "sconosciuto" ma per questo motivo più interessante nella sua completezza.

Brossura, 20 x 20 cm. pag. pag. 158 completamente illustrato con foto e disegni

Stampato nel 2017 da Spazio In Attuale Editore

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